L’emergenza sanitaria accentua il gap Nord-Sud
Lo studio ha preso in considerazione 22 indicatori, sia di spesa, come gli esborsi per servizi e contributi sociali, o nel campo sanitario-previdenziale; sia strutturali, ad esempio il tasso di disoccupazione, la percentuale di famiglie in povertà relativa, il social housing, il tasso di dispersione scolastica, solo per citarne alcuni. Con l’obiettivo di “mappare” gli ambiti principali del nostro welfare, vale a dire politiche sociali, sanità, previdenza, educazione e formazione.
I risultati emersi (la classifica generale stilata, si veda grafico qui a fianco, viaggia su una scala da 0 a 100) sono interessanti ed evidenziano, nel complesso, una fortissima disomogeneità tra i territori nella capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini. Al primo posto del Welfare Italia Index c’è la provincia autonoma di Trento che presenta livelli di spesa e servizi probabilmente insostenibili per località più ampie. Un numero su tutti? L’esborso per interventi e servizi sociali: a Trento è pari a 597 euro pro-capite, contro una media italiana di appena 119 euro. All’ultimo posto della classifica, troviamo la Calabria, distante dalla vetta di oltre 28 punti di differenza (si vedano grafici e approfondimenti in pagina). La polarizzazione Nord-Sud ne esce, anche in questa indagine, rafforzata: le ultime otto regioni della classifica appartengono all’Italia Meridionale e insulare. La migliore di queste, la Sardegna (14esima) è comunque distante circa 20 punti dalla prima in classifica e precede di quasi 9 punti l’ultima, la Calabria.
Al Nord, la Lombardia si conferma tra le prime posizioni. È addirittura in vetta per spesa sanitaria privata pro capite con circa 800 euro annui per abitante. Anche dal punto di vista dei servizi offerti la Lombardia ottiene un buon posizionamento: è, ad esempio, al top per numero di alloggi popolari registrati all’interno del sistema integrato di fondi immobiliari (social housing) con 81 alloggi ogni 100mila abitanti; e ha il numero più basso di beneficiari del sussidio di disoccupazione, Naspi (3,5% sulla popolazione 15-64 anni).
Scendendo un pò più giù lungo lo stivale, arriviamo al Lazio che primeggia per contributi sociali riscossi dagli enti di previdenza in percentuale del Pil regionale con un volume pari al 16,8%; e conferma un buon posizionamento nei servizi per la prima infanzia: è la seconda regione (dietro la provincia autonoma di Bolzano) per spesa media regionale per utente fruitore degli asili nido (9.506 euro). Mentre è indietro per spesa sanitaria pubblica pro capite (1.853 euro). E poi, la Puglia, che si posiziona verso il fondo classifica, alla stregua degli altri territori del Sud. La Puglia, in particolare, è tra le prime regioni per spesa in reddito e pensione di cittadinanza (rispetto alla popolazione regionale), visto che possiede il maggior tasso di disoccupazione della popolazione con più di 15 anni (14,9%) e la maggiore incidenza della povertà relativa familiare (il 22% delle famiglie si trovano in condizioni di povertà). Sempre in Puglia è preoccupante il tasso di dispersione scolastica: gli “early leavers from education and training”, ossia gli studenti che abbandonano precocemente gli studi, sono pari al 27%.
Sulle singole performance regionali, sia le migliori sia le peggiori, ha pesato, e non poco, l’emergenza sanitaria. Ma è anche attraverso il welfare, sostengono Unipol-Ambrosetti, che si gioca il riscatto dell’Italia. Di qui il lancio di tre proposte “forti” al governo per costruire un welfare davvero “di precisione”. La prima è la digitalizzazione della sanità, creando banchi dati interoperabili e nuovi servizi 2.0. Un vero e proprio piano nazionale di telemedicina comporterebbe una riduzione delle giornate di degenza fino al 25% e risparmi per 4,5 miliardi l’anno. Spazio poi alla razionalizzazione degli strumenti assistenziali. Da un loro riordino, invocato da tutti i governi, si potrebbero liberare 10 miliardi da destinare alle politiche attive, la vera sfida, sul fronte lavoro, che ci attende nel 2021. Terza, e ultima proposta, è il decollo della previdenza complementare: qui tra le idee avanzate, una tassazione agevolata all’11,5% dei rendimenti e l’introduzione di maggior forme di flessibilità, ad esempio anticipazioni straordinarie sulla prestazione e portabilità da un anno all’altro dell’ammontare di deducibilità fiscale non utilizzato.
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