Il sottile limite tra oltraggio e resistenza a Pubblico Ufficiale

IL CASO

Un automobilista, giunto prossimità dell’attraversamento pedonale antistante una scuola, dopo essersi arrestato al segnale dell’agente impegnato nel consentire l’attraversamento dei bambini, aveva iniziato una lenta manovra di avanzamento, disattendendo l’ordine impartito; invitato a fornire i documenti per la redazione del verbale di contravvenzione, aveva minacciato l’agente ed ostacolato la sua attività, dicendogli “lei questo lo fa per ripicca, perché le ho detto che è incompetente, e mi ridia indietro la patente perché lei finisce male”. Dopo essere stato denunciato per resistenza a PU, l’automobilista viene condannato dal giudice di primo grado e tale decisione viene confermata in appello.

LA DECISIONE DELLA CORTE

Su ricorso dell’imputato, la Corte di Cassazione conferma i prinicipi giuridici contenuti nelle precedenti sentenze di condanna stabilendo che per integrare il reato di cui all’art. 337 C.P.  “non è necessario che sia impedita, in concreto, la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto di ufficio o di servizio”.

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