Guida alterata

Il caso. Condannato per il reato di cui all’art. 187 commi 1 e 1-bis C.d.S., per avere condotto un’autovettura in stato di alterazione psico-fisica dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti ed avere provocato un sinistro stradale, l’imputato, ricorreva per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale relativamente alla statuizione di colpevolezza, osservando come la stessa fosse stata meramente fondata sull’accertamento tossicologico e non anche su altri e obiettivi elementi esterni e lamentava la retroattività dell’art. 442, comma 2, c.p.p. nella sua nuova formulazione introdotta dalla l. n. 103/2017 e, pertanto, la necessità di una maggiore riduzione della pena in conseguenza del rito scelto.

Ai fini della configurabilità della contravvenzione, lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell’avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato. L’accertamento dei giudici di merito si è fondato sia sugli accertamenti clinici che sugli elementi sintomatici riscontrati nell’imputato e descritti nel verbale della polizia giudiziaria, quali loquacità rallentata, occhi lucidi e volto con epidermide arrossata.

L’art. 442, comma 2, c.p.p., come novellato dalla l. 103 del 2017, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anziché di un terzo, se si procede per una contravvenzione, pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più favorevole e si applica come stabilisce l’art. 2, comma 4, c.p., anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Consulta la sentenza n. 832/2018, Cassazione penale

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