Concorsi pubblici
1. La regola di anonimato delle prove scritte nelle procedure di concorso ed, in generale di tutte le pubbliche selezioni, si impone a garanzia del principio di uguaglianza dei concorrenti, oltreché di quelli di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione, che è chiamata ad operare le proprie valutazioni senza rischio di condizionamento esterno e, quindi, a garanzia della par condicio dei concorrenti (cfr. sul principio Cons. Stato, ad. plen., 20.11.2013, n. 26). Le disposizioni contenute agli artt. 13 e 14, comma 2, del d.P.R. 9.5.1984, n. 487 si impongono, quindi, ai concorrenti, che devono ad esse conformare la propria condotta nel corso dello svolgimento delle prove. Si richiedono, quindi, da parte degli stessi, azioni positive, tutte improntate a prevenire ogni possibile vulnus alla garanzia di anonimat o delle prove scritte, che, ove violata, viene ad incidere, con effetto invalidante della prova, sulla fase del giudizio valutativo che deve intervenire su un elaborato in alcun modo riconducibile al suo autore.
2. A fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore “non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza”. (cfr. etiam sez. VI, n. 3747 del 2013; sez. II, parere n. 213 del 2011). La violazione dell’anonimato nei riguardi della commissione nei pubblici concorsi comporta, insomma, un’illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di indagine sull’effettiva lesione della regola di imparzialità in sede di correzione (cfr. ad. plen, n. 26 del 2013). La peculiarità del contesto ambientale in cui si è svolta, nel caso di specie, la prova (numero limitato dei concorrenti in ambiente ristretto e correzione dello scritto a ridosso della conclusione della prova) e la condotta del concorrente che non ha riservato al segreto delle buste la modalità redazionale dell’elaborato – dichiarando ad alta voce, poco prima della scadenza del termine previsto per la consegna della prova, di non essere in grado di ultimare in tempo la ricopiatura del proprio elaborato e di voler dunque procedere ad un collage tra minuta e bella copia – determinano nella fattispecie gli estremi dell’effetto invalidante della prova.
3. La presenza nella minuta della prova scritta concorsuale di alcuni contrassegni, quali l’elenco degli argomenti da sviluppare e l’orario di inizio e termine delle prove, non assumono un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo, tale che ad essi possa ricondursi l’astratta idoneità a fungere da elemento identificativo delle generalità del concorrente. Non si discosta, invero, dalle ordinarie modalità redazionali l’indicazione nella minuta dell’elaborato dell’ordine degli argomenti cui dare articolato sviluppo e l’apposizione dell’arco temporale di durata della prova, non essendo di norma consentito in tale sede l’utilizzo di fogli diversi da quelli messi a disposizione dalla commissione. Per concorde giurisprudenza non costituiscono, inoltre, segni identificativi del concorren te l’apposizione di cancellature e di interventi correttivi nell’elaborato finale, evenienze che ordinariamente accompagnano la redazione dello scritto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.1.2013, n. 102; 26.3.2012, n. 1740).
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