Autovelox non omologati: ecco le strade per contestare le sanzioni

di ANTONIO CICCIA MESSINA (Italia Oggi Sette) Se l’autovelox non è omologato (anche se approvato) il verbale è illegittimo e l’automobilista ha più chance di farsi annullare la sanzione, ma per poterle sfruttare deve presentare ricorso, senza confidare in annullamenti d’ufficio. È lo scenario aperto dall’ordinanza della Corte di cassazione, seconda sezione civile, n. 10505 del 18 aprile 2024, che impone alle amministrazioni di assumere decisioni sia a proposito della gestione dei procedimenti pendenti sia delle modalità future di accertamento per le amministrazioni. Tuttavia, l’ordinanza citata potrebbe non essere la parola definitiva, considerato che è la prima pronuncia con cui una sezione semplice della Cassazione prende questa posizione e, quindi, potranno esserci future decisioni difformi. I ricorsi. La pronuncia della Cassazione esprime un orientamento favorevole all’automobilista. Pertanto, chi avesse ricevuto la notificazione di un verbale per eccesso di velocità, con termine di ricorso ancora aperto (60 giorni per ricorso al prefetto; 30 giorni per ricorso al giudice di pace; come previsto dagli articoli 203 e 204-bis del Codice della strada), potrà decidere di opporsi, cercando di beneficiare dell’orientamento della Cassazione. È molto probabile che i giudici di pace si adeguino e applichino il principio formulato dall’ordinanza 10505/2024. L’esito, invece, potrebbe non essere lo stesso in caso di ricorso al prefetto: prevedibilmente le prefetture attenderanno una presa di posizione del ministero dell’interno. Nella presentazione del ricorso, occorre che l’automobilista formuli in maniera chiara i motivi di opposizione, esplicitando che si eccepisce il vizio procedimentale costituito dal fatto che l’organo accertatore ha usato un apparecchio non omologato. Peraltro, è interesse del ricorrente non limitarsi a esporre questo solo motivo, considerato che i giudici di pace e i tribunali non sono vincolati a conformarsi alla decisione della Cassazione: il trasgressore, dunque, farà bene a eccepire, se ce ne fossero, altri vizi formali e anche eventuali vizi sostanziali (estraneità ai fatti, fatti non accaduti, e così via). In una posizione diversa sta il trasgressore il cui verbale sia già diventato titolo esecutivo e l’ente debba procedere alla riscossione coattiva. In questo caso il sanzionato potrebbe decidere di tentare la strada dell’impugnazione, sostenendo che il giudice dell’esecuzione deve verificare la corretta formazione del titolo esecutivo in relazione al difetto dell’apparecchio privo di omologazione. Ma l’alea è molto forte, perché si potrebbe ribattere che questo vizio doveva essere proposto dall’interessato nei termini di ricorso contro il verbale e non può più essere fatto valere nella fase successiva dell’esecuzione. Diversa ancora è la posizione di chi abbia già pagato la contravvenzione e il procedimento amministrativo risulti, pertanto, chiuso. In questa ipotesi il rapporto sanzionatorio non è più pendente. Una astratta opzione, che rasenta però, l’improbabilità è di chiedere all’amministrazione, ai sensi del Codice civile, la restituzione dei soldi per indebito arricchimento. P.a. al test. Dal punto di vista delle amministrazioni, l’ordinanza della Cassazione impone di fare una ricognizione della situazione. Al riguardo, occorre distinguere le scelte da fare nella gestione, per il futuro, dell’attività di accertamento; dalle scelte da fare a proposito dei verbali già elevati, della riscossione coattiva degli stessi e a riguardo del contenzioso eventualmente pendente. Quanto al primo profilo (cosa fare per il futuro), l’ente deve verificare se usa apparecchi non omologati e decidere se spegnere questi impianti, considerato il forte rischio di perdere le cause di opposizione ai relativi verbali. A prescindere dalla gestione del contenzioso, il Codice della strada esprime la priorità dell’utilizzo di apparecchi debitamente omologati ea essa ci si deve adeguare. Occorre, quindi, capire anche se acquistare apparecchi omologati, avviando le relative procedure. Tutto ciò ha effetti sulle entrate e sulle uscite dell’ente e, quindi, bisogna procedere all’approvazione di eventuali variazioni di bilancio. Passando alla gestione del pregresso, gli enti devono verificare quanti verbali, tra quelli già elevati rientranti nella casistica esaminata dalla pronuncia, siano ancora pendenti, distinguendo quelli per i quali sono aperti i termini per il ricorso e quelli definitivi, destinati alla riscossione coattiva. A fronte della situazione di giustificata incertezza della situazione (ne dà atto la Cassazione nell’ordinanza), peraltro, è da escludere, per mancanza di colpa grave, una responsabilità erariale del dirigente pubblico che ha acquistato, usato e gestito gli apparecchi non omologati. Bisogna, poi, considerare che la Cassazione stessa ha sottolineato la novità della questione e la sua natura obiettivamente controvertibile. Inoltre, l’orientamento, pur autorevole, non è stato pronunciato dalle sezioni unite, e perciò potrebbe essere smentito da altra pronuncia della Cassazione. Questi aspetti potrebbero indirizzare a resistere davanti ai giudici e a proseguire nella riscossione coattiva. A questo riguardo, tra l’altro, l’amministrazione potrà presentare ai giudici un tema difensivo nuovo: in effetti, se il trasgressore non contesta la commissione della violazione e se l’unico profilo contestato è la legittimità dell’istruttoria, la p.a. può ribattere che c’è stato sì un vizio del procedimento, ma il verbale non è annullabile ai sensi dell’articolo 21-octies della legge 241/1990. Quest’ultimo articolo prescrive che un provvedimento amministrativo, pur se adottato in violazione di norme sul procedimento, non è annullabile qualora, per la natura vincolata dello stesso (come lo è quella di una sanzione), sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. A ciò bisogna aggiungere che l’articolo 142, comma 6, del Codice della strada non dice che la prova dell’eccesso di velocità deve essere data solo ed esclusivamente con le risultanze di un apparecchio autovelox omologato. Inoltre, le sentenze della Cassazione che pretendono dalle p.a. il deposito in giudizio del certificato di omologazione dell’apparecchio autovelox si riferiscono a casi in cui il trasgressore abbia contestato il funzionamento dell’autovelox e non se esso fosse omologato o no. * Articolo integrale pubblicato su ItaliaOggi Sette del 29 aprile 2024 (In collaborazione con Mimesi s.r.l.)

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