Atti e provvedimenti amministrativi
L’effetto retroattivo di un atto amministrativo può conseguire solo in base ad un’espressa previsione normativa, o alla natura dell’atto o anche ad una determinazione volontaria ma quando non vengano lesi interessi di terzi (Cons. Stato, sez. VI, 23.2.2012, n. 1006; C.G.A.R.S. 28.1.2004, n. 10). Al riguardo, è stato stabilito che “L’atto amministrativo può avere decorrenza retroattiva quando non siano lese le posizioni di terzi e ne sia avvantaggiato il destinatario” (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18.3.2003, n. 73) e che in applicazione del principio di legalità, l’effetto retroattivo determinato volontariamente incontra tre limiti naturali: l’atto non può ledere le posizioni giuridiche soggettive dei terzi; la retroattività esige la preesistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti per l’emanazione dell’atto cui si intende dare efficacia retroattiva, fin già dalla data alla quale si vogliono fare risalire gli effetti dell’atto stesso e, infine, non può eliminare i fatti avvenuti in epoca anteriore (Cons. Stato, sez. IV, 30.3.1998, n. 502). Nel caso di specie questi principi risultano violati poiché in assenza di una previsione normativa, il provvedimento impugnato (di esclusione dal corso di dottorato di ricerca dopo l’inizio della frequenza congiunta della scuola di specializzazione e del corso di dottorato) ha modificato in danno del ricorrente una situazione giuridica che si era consolidata. Esso non può nemmeno essere qualificato come atto di autotutela poiché non ne possiede i caratteri essenziali, vale a dire la comparazione degli interessi in gioco nel caso concreto.
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