Abbandono di animali: interpretazione estensiva della fattispecie
IL CASO
Un privato detiene circa trenta animali di specie canina in un ambiente con condizioni igienico-sanitarie definite «scarsamente sufficienti e non idonee a tenere quel numero» di cani e pertanto viene denunciato all’autorità giudiziaria. Nelle more del procedimento penale, il GIP emette ordinanza di sequestro nei confronti di tutti gli animali. L’imputato impugna l’ordinanza in punto di legittimità e fonda la propria pretesa sostenendo di non aver mai utilizzato metodi violenti o crudeli nei confronti degli animali i quali, pertanto, si sarebbero trovati in buone condizioni e non in stato di abbandono.
Investita della questione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del privato, confermando la decisione dell’Autorità Giudiziaria di merito poiché “costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali ex art. 727 c.p., non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione”.
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