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Guida in stato di ebbrezza: valenza dimostrativa dellÂ’acoltest
Cassazione penale, 15/12/2017, n. 56092: grava sullÂ’imputato lÂ’onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di provare quellÂ’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato
Il caso. La Corte d’Appello di Genova aveva condannato l’imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica con la statuizione della revoca della patente, oltre alla pena di giustizia.
La Corte aveva accertato che l’imputato, trovato nella vettura in stato di ebbrezza alcolica alle ore 5.30, lo fosse anche cinque ore prima, cioè al momento dell’incidente da lui provocato.
Il ricorrente ricorre in Cassazione facendo presente l’illogica motivazione della Corte territoriale per aver deciso senza gli ulteriori elementi indiziari richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per poter ritenere integrato il reato per cui si procede.
La Cassazione, ha rilevato che, secondo principio della giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza sia necessario verificare, in relazione all’incidenza del decorso intervallo temporale di alcune ore tra la guida e l’esecuzione del test alcolemico, la presenza di altri elementi indiziari.
Nella fattispecie, però, ciò che rileva è la distribuzione degli oneri probatori. Infatti la Corte ha ribadito che «in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolico del sangue mediante prelievo eseguito in conformità alla previsione normativa, grava sull’imputato l’onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell’accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato»; in relazione a ciò non basta il solo lasso temporale trascorso tra la guida della vettura e il momento dell’accertamento.
Nel caso di specie l’imputato non ha posto a fondamento della sua doglianza nessuna circostanza che possa impedire l’utilizzo dell’accertamento dello stato di ebbrezza, anche se distante rispetto alla condotta delittuosa, come prova del reato commesso. La Corte rigetta il ricorso.
Consulta la sentenza n. 56092/2017
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