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Guida in stato di ebbrezza: accertamento del tasso alcolemico
Cassazione penale, sentenza 29/5/2018, n. 24096: l’accertamento del tasso alcolemico può essere effettuato direttamente dalla polizia giudiziaria
Il caso. Un automobilista trovandosi alla guida di un’autovettura di proprietà di terzi, nei pressi di una curva perdeva il controllo del mezzo che impattava contro un albero e si ribaltava. Giunto in ospedale con l’ambulanza veniva sottoposto, previo consenso, a prelievo ematico su espressa richiesta della polizia municipale, per accertare il tasso alcolemico, risultato superiore a 1,5 grammi per litro.
Successivamente il ricorrente lamentava l’intempestività dell’eccezione di nullità generale a regime intermedio conseguente al mancato avviso all’indagato di poter nominare, in tale situazione, un difensore di fiducia.
La Suprema Corte ribadisce che, nel caso di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico può essere effettuato direttamente sul luogo dalla polizia stradale attraverso l’esame spirometrico, oppure mediante procedure cliniche o analitiche, come l’esame di liquidi biologici, presso la struttura sanitaria.
In quest’ultimo caso sussiste l’obbligo di previo avviso all’indagato conducente di farsi assistere da un difensore di fiducia in relazione al prelievo ematico volto all’accertamento del tasso alcolemico ed eseguito in ospedale, qualora l’esecuzione di esso non avvenga secondo ordinari protocolli sanitari ma sia automaticamente richiesta dalla polizia giudiziaria per acquisire la prova del reato nei confronti di tale soggetto indiziato.
La nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcoolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado».
Consulta la sentenza n. 24096/2018, Cassazione penale
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