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Reato di minaccia: l’elemento fondamentale è la limitazione della libertà psichica dell’altro
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1690/2017, esamina un ricorso contro una condanna per minaccia arrivata a causa della pronuncia della frase “vi sistemo io, ve la farò pagare”
Confermata la condanna per minaccia nei confronti di un uomo che ha pronunciato la frase “vi sistemo io a tutti e due, ve la farò pagare”. Inutile si è dimostrato il ricorso, fondato sul fatto che le frasi citate “sarebbero state una legittima reazione ad una condotta di violenza privata”.
I fatti: il minacciato avrebbe riferito alla polizia di aver acquistato della droga dall’imputato. Questi, dopo un lungo litigio con il suo supposto cliente e con il padre di lui, avrebbe pronunciato le parole incriminate. Sono queste sufficienti a giustificare la condanna?
Per commettere reato di minaccia è sufficiente prospettare un male ingiusto al fine di limitare la libertà psichica di un altro. Poco importa che l’intimidazione si verifichi concretamente o che la natura della minaccia resti indeterminata.
Va inoltre ricordato che, come si legge all’interno della sentenza “ l'elemento soggettivo del reato di minaccia si caratterizza per il dolo generico consistente nella cosciente volontà di minacciare un male ingiusto, indipendentemente dal fine avuto di mira”.
Nonostante quanto sopra esposto, gli ermellini dispongono l’annullamento della Sentenza, almeno per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio. L’errore del G.d.P. è stato comminare un’ammenda di 200€, prevista da una legge entrata in vigore dopo i fatti contestati. La pena è da rideterminarsi invece a 50€, ovvero il limite edittale previsto dall’art. 612, comma 1, al tempo in cui la minaccia è stata pronunciata.
Consulta la Sentenza della Corte di Cassazione n. 1690, del 13.1.2017
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