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Revoca della patente ai sensi dell’art. 186 C.d.S.: per la condizione di “recidiva nel biennio” rileva la data di passaggio in giudicato e non quella di commissione del fatto
La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 3348 del 23.1.2017, esamina il caso di un ricorso a una condanna per guida in stato di ebbrezza, ricordando le circostanze in cui è applicabile la sanzione accessoria della revoca della patente
Condannato a 4 mesi di arresto e al pagamento di un’ammenda pari a 1400€, ai sensi dell'art. 186 c. 2 lett. c) e 2 sexies C.d.S. (“Guida sotto l'influenza dell'alcool”), ricorre in Cassazione lamentando errata applicazione della legge in quanto la condizione necessaria per procedere alla sentenziata revoca della patente non sussisterebbe. Secondo il comma c, art. 186, infatti “la patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio”, recidiva che non si configura nel caso in questione.
Il precedente contestato all’uomo infatti sarebbe stato dichiarato estinto ai sensi del comma 9 dello stesso articolo 186, che recita:
“In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato”.
Il motivo di ricorso sopracitato risulta infondato, mancando la documentazione necessaria a provare l’estinzione del reato. Tuttavia la Corte di Cassazione annulla la Sentenza impugnata, almeno limitatamente alla parte in cui dispone la revoca della patente.
Alla base della decisione il principio secondo il quale ai fini della condizione di "recidiva nel biennio", si considera la data di passaggio in giudicato della sentenza relativa al reato precedente a quello per cui si procede, e non la data di commissione dello stesso. In questo caso il reato contestato è addirittura antecedente alla condanna per il supposto precedente, rendendo non applicabile la revoca della patente.
Consulta la Sentenza n. 3348 del 23.1.2017, Corte di Cassazione
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