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Cocaina: come distinguere spaccio e uso personale?
La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 11569 del 10.3.2017 esamina il caso di un ricorso contro una condanna di detenzione di stupefacenti. Secondo il ricorrente la destinazione per uso personale della sostanza sarebbe stato erroneamente scartata
L’imputato, condannato per detenzione di stupefacenti (cocaina in particolare), ricorre sostenendo che i giudici abbiano erroneamente scartato la possibilità che la sostanza fosse detenuta ad uso personale.
La Corte ricorda che la disciplina è regolata dall’art. 75, comma 1-bis, d.p.r. n.309/90. Gli elementi citati dall’articolo sono:
<ul><li>la quantità di sostanza stupefacente, che non deve essere superiore ai limiti massimi indicati con decreto dal Ministro della salute;</li><li>le modalità in cui si presenta la sostanza, in merito al peso lordo, al confezionamento (frazionato, diviso in buste, ecc.) e altre circostanze che possano far concludere che la sostanza è destinata all’uso personale</li><li>in caso di medicinali, che non eccedano la prescrizione del medico.</li></ul>
Il giudice infine ha l’ultima parola, dopo aver considerato tutti gli elementi indiziari disponibili. La Corte ricorda infatti che il mero dato relativo alla quantità di droga detenuta non consente di stabilire quale sia la destinazione d’uso. In tribunale i fatti vanno valutati da molti altri punti di vista, come fatto nel caso in questione. Per questo motivo l’appello è rigettato e la condanna confermata.
Sentenza n. 11569, 10.3.2017, Corte di Cassazione
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