Sottoprodotti di origine animale
La Corte di Cassazione III sez.pen. con sentenza n.2865/2023 ha evidenziato in tema di gestione dei rifiuti, che l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 52, comma 2- bis, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e dal d.m. 25 febbraio 2016, nella parte in cui sottopone la massa, sia liquida che solida, risultante dal processo di biodigestione anaerobica, costituente il c.d. digestato, al regime dei sottoprodotti destinati ad uso agronomico e non a quello dei rifiuti, è subordinata alla prova positiva, gravante sull’imputato, della sussistenza delle condizioni previste per la sua operatività̀, in quanto ipotesi di esclusione da responsabilità̀, fondata su una disciplina avente natura eccezionale e derogatoria rispetto a quella ordinaria;
Infatti, i sottoprodotti derivanti da animali idonei al consumo umano, ma ad esso non destinati per motivi commerciali o problemi di lavorazione o difetti di imballaggio o perché́ scaduti, possono certamente essere trattati ed impiegati come sottoprodotti, ma solo in quanto siano assicurati alla precise condizioni previste per tale destinazione; laddove invece tali condizioni vengano macroscopicamente disattese, correttamente detti materiali non possono che essere considerati come “rifiuti” e sottoposti alla relativa disciplina, esattamente come lo sarebbero e lo sono ove sin dall’inizio non destinati al recupero e riutilizzo, ma al contrario convogliati allo smaltimento.
di Gabriele Mighela
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