Tasso alcolemico: rilevazioni effettuate a distanza di ore non bastano a provare la colpevolezza
Condannato ai sensi dell’articolo 590-bis del Codice Penale, con applicazione dell’aggravante della custodia cautelare di cui al comma 2, propone ricorso in Cassazione. La motivazione del giudice del Tribunale sarebbe viziata da irragionevolezza e presunzione. La colpevolezza dell’imputato in relazione all’art. 186, comma 2, lettera c) (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) è fondata sulla scorta del tasso alcolemico rilevato a distanza di 8 ore dal sinistro, di 0,7 g/l.
Secondo il giudice questo “doveva necessariamente essere ben superiore, al momento del fatto, rispetto a quello riscontrato”. Si dà così erroneamente per scontato un tasso alcolico superiore al limite fissato di 1,5 g/l, che ovviamente è ben lontano dall’essere provato.
Discorso simile possiamo fare per l’alterazione derivante dall’uso di sostanze stupefacenti, partendo dal presupposto che la norma non vieta di guidare dopo avere fatto uso di stupefacenti, ma punisce con sanzione penale chi si mette alla guida in stato di alterazione dovuto dall’uso di sostanze stupefacenti. Due sono quindi le “prove” necessarie: da un lato si dovrà trovare traccia di stupefacenti in circolo (e questo è quanto fatto in questo caso, attraverso l’esame delle urine), dall’altro sarà necessario che gli agenti di Polizia Giudiziaria rilevino un qualsiasi stato di alterazione (per il quale possono valere sia indici sintomatici sia anomalie nella guida ad esempio).
Per ulteriori chiarimenti, consulta la Sentenza n. 20373 del 28.4.2017 , Corte di Cassazione
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